SULL’ORLO DEL PRECIPIZIO. Conversazione con l’anarchico israeliano Uri Gordon

Di seguito pubblichiamo la traduzione di questa conversazione online del sito greco Infolibre con l’anarchico israeliano Uri Gordon, sulla situazione attuale in Palestina e Israele.
Una trascrizione in inglese era stata fornita sul sito di Freedom, da successivamente tradotta in Italiano dal sito comunismolibertario.it col titolo “tanta disperazione in questo momento: Intervista con un anarchico israeliano”.
Noi abbiamo preferito rifarci all’originale in greco, poiché Freedom, come del resto dichiarato sul suo sito, ha modificato in parte la traduzione.
Ricordiamo che Uri Gordon è stato uno dei fondatori, tra gli altri, di Dissent! Network, Indymedia, People’s Global Action e Anarchici contro il Muro. È anche l’autore di Anarchy Alive!: Anti-Authoritarian Politics from Practice to Theory.

QUI IL PDF: Conversazione con Uri Gordon


*In Italia di Uri Gordon sono stati pubblicati i seguenti testi:

L’ANARCHISMO IN ISRAELE

QUI E ORA. L’ANARCHISMO DECLINATO AL PRESENTE

NOI ANARCHICI CONTRO IL MURO
(
Intervista di Andrea Staid a
Uri Gordon).


Conversazione con URI GORDON

 

17 ottobre 2023

Infolibre: L’anarchico israeliano Uri Gordon è noto per i suoi scritti e per il suo lavoro nel movimento, tra cui Anarchists Against the Wall. Nella discussione online che abbiamo avuto sul sito Infolibre, parla di tutto: della tragica guerra in corso, del malcontento sociale e della polarizzazione all’interno di Israele, di Hamas, del ruolo delle potenze regionali, delle possibilità di un cessate il fuoco e a quali condizioni, della società reazionaria e delle persone all’interno del movimento…

*La discussione online su infolibre si è svolta martedì 17 ottobre, prima del bombardamento dell’ospedale di Gaza. Non si è trattato di un evento annunciato, ma di una sorta di intervista allargata, una discussione online con un piccolo numero di partecipanti.

Uri: Mentre parliamo, la Striscia di Gaza è ridotta alla fame, soprattutto a causa della carenza di carburante. Sono ancora ottimista sul fatto che ci possa essere un cessate il fuoco, una de-escalation e la restituzione degli ostaggi. Il Presidente degli Stati Uniti dovrebbe venire in Israele domani e anche ad Amman, dove incontrerà il Re di Giordania, il Presidente dell’Egitto e il capo dell’Autorità Palestinese [questo incontro è stato cancellato dopo l’attentato all’ospedale]. Tra gli ostaggi ci sono cittadini stranieri, tra cui americani e tedeschi, oltre a cittadini di altri Paesi. Si spera che questi Paesi facciano qualcosa per evitare un attacco di terra che, oltre alle sofferenze già causate a Gaza, porterebbe alla morte dei loro stessi ostaggi. Oltre ai bombardamenti molto estesi sulle aree abitate dai civili a Gaza, ci sono stati alcuni attacchi mirati contro i leader di Hamas. Continua anche il lancio di razzi da Gaza verso Israele. Il numero di vittime nella Striscia di Gaza è ora più che doppio rispetto al numero di israeliani uccisi il 7 ottobre. A Gaza c’è una grave crisi umanitaria e purtroppo in Israele c’è una mentalità di vendetta: sono in molti a sostenere questo modo disumano di trattare l’intera popolazione di Gaza.

Infolibre: Dopo l’attacco di Hamas e la volontà di vendetta da parte dello Stato israeliano, c’è il ricatto di “schierarsi”, di “scegliere da che parte stare” (con Hamas o con l’IDF). Questo ricatto è prevalso ovunque? Sia tra gli arabi/palestinesi che tra gli israeliani? Per quanto riguarda i palestinesi, qual è il grado di questa polarizzazione in Cisgiordania, in Israele e a Gaza? E qual è la situazione degli israeliani in Israele, come stanno reagendo?

Uri: Sì, questo ricatto è ormai diffuso ovunque, sia tra gli arabi palestinesi che tra gli israeliani. La guerra ha polarizzato le persone. Ci sono israeliani che sono arrabbiati con il proprio governo e lo incolpano di quanto è accaduto, che non sostengono Netanyahu. Le fantasie di genocidio si sono scatenate nella mente dei sostenitori di Netanyahu. Sui social media di estrema destra si parla di “radere al suolo Gaza”, mentre secondo il governo “i palestinesi sono l’ISIS, sono nazisti”. Tra gli israeliani si respira un’atmosfera di guerra. Le forze israeliane hanno effettuato centinaia di arresti in Cisgiordania. La temperatura si sta alzando al confine con il Libano, dove sono stati uccisi dei combattenti – il tutto fa parte di uno scenario più ampio. Tra gli israeliani c’è il timore che un’offensiva di terra possa cadere in una trappola tesa da Hamas con il sostegno di Hezbollah, che potrebbe costare la vita a centinaia di soldati e civili palestinesi, e che sia molto improbabile che porti al salvataggio degli ostaggi. Per quanto riguarda i cittadini palestinesi di Israele, penso che ci siano meno proteste rispetto al passato, perché stanno sperimentando l’estrema rabbia della popolazione ebraica contro Hamas e, per estensione, contro tutti i palestinesi.

Infolibre: Nel nostro Paese [la Grecia], la comunità ebraica è stata quasi completamente annientata durante la Seconda guerra mondiale e gli ebrei rimasti hanno forti legami con lo Stato israeliano. Cosa possiamo dire dei Paesi in cui esistevano comunità progressiste di israeliani e palestinesi (ad esempio negli Stati Uniti) che lavoravano insieme? Come affrontano la situazione attuale?

Uri: Per quanto ne so, negli Stati Uniti non ci sono azioni congiunte su larga scala da parte delle comunità ebraiche e palestinesi. Le comunità sono piuttosto separate, forse a New York o a Berlino ci sono alcune piccole comunità di lotta. A Washington si è tenuta una manifestazione di attivisti ebrei a favore della pace, con la richiesta principale di un cessate il fuoco, e sono sicuro che ci sono movimenti a livello di relazioni personali. Sebbene esista un movimento internazionale [bi-nazionale] per la pace, è piccolo; le voci più forti per la pace provengono dalle famiglie degli ostaggi israeliani.

Infolibre: E nel contesto locale, ci sono iniziative congiunte palestinesi e israeliane contro la guerra? Abbiamo poche notizie, abbiamo visto solo qualche foto di manifestanti contro la guerra. Quali sono le loro richieste? Come possiamo sostenerli?

Uri: La scorsa settimana c’è stata una manifestazione a Tel Aviv per la restituzione degli ostaggi, piuttosto piccola. Poi c’è stata una manifestazione di fronte al Ministero della Difesa, sempre a Tel Aviv, per chiedere le dimissioni di Netanyahu. Il padre di una famiglia che era stata tenuta in ostaggio sta ora tenendo presidi quotidiani di fronte all’edificio insieme a sostenitori e ad altre famiglie, creando una sorta di accampamento di protesta.

Infolibre: Che dire in questo momento della situazione interna di Israele, dove Netanyahu fino a poco tempo fa stava affrontando una vasta mobilitazione di malcontento popolare? Esiste una strategia organizzata da parte di chi si oppone alla guerra, che possa cambiare le dinamiche in corso e possibilmente portare a un’attenuazione della situazione attuale?

Uri: Nel centro-sinistra e in alcuni settori della società israeliana c’è un’intensa rabbia nei confronti del governo, si percepisce la sua incompetenza, il fatto che sia pieno di criminali e che abbia decimato tutti i servizi pubblici, sperperando le risorse pubbliche per gli insediamenti dei coloni e per le organizzazioni ebraiche ultraortodosse. È chiaro che quando questa situazione sarà superata e si terranno le elezioni, l’estrema destra sarà finita. É qualcosa di simile a ciò che abbiamo visto in Polonia di recente. Ma fino a quando questo non accadrà, ci aspettano molte sofferenze e dolori, se la situazione non degenererà in qualcosa di ancora peggiore.

Infolibre: Come influisce la situazione attuale sugli obiettori di coscienza [nell’esercito] e sui casi giudiziari degli anarchici israeliani sotto processo per azioni di solidarietà con i palestinesi (come Jonathan Pollock)?

Uri: Non credo finora ci siano state conseguenze immediate. Perché al momento i disertori sono molto pochi. Non è una questione che riguarda veramente la sfera pubblica, non se ne parla nei media israeliani. Il numero di obiettori di coscienza è molto inferiore oggi rispetto a venti o quindici anni fa.

Infolibre: C’è un’abbondanza di fake news sul conflitto. Noi riteniamo che +972mag [https://www.972mag.com/] sia una buona fonte di informazione. Sei d’accordo? Ci sono altre fonti? Quali sono le principali fonti di informazioni a cui hanno accesso i cittadini israeliani? Hanno percezione delle vittime nella Striscia di Gaza?

Uri: +972mag è una buona fonte di informazioni, pubblica scritti e reportage di Oren Ziv, Ruwaida Kamal e altri commentatori ebrei e palestinesi. Hanno collaboratori a Gaza, e su questo sito web si può vedere cosa sta succedendo in Cisgiordania (61 palestinesi sono stati uccisi lì la scorsa settimana). Per gli sviluppi quotidiani guarderei anche Reuters, AP, al Jazeera, il Guardian.

Infolibre: Temi che gli attuali sviluppi si inseriscano in un contesto più ampio di conflitti interstatali e antagonismi geopolitici regionali? Quali Paesi hanno mostrato interesse a inasprire il conflitto per trarne profitto? Esistono dei paesi contrari alle uccisioni di massa?

Uri: Tutto rientra in ciò che conosciamo sugli attuali blocchi di potere nel mondo. Tutto questo è legato alle tensioni tra Stati Uniti e Iran, ai legami dell’Iran con Russia e Cina. A livello internazionale, l’attacco di Hamas può anche essere visto come un tentativo di sabotare il triangolo USA-Israele-Arabia Saudita che Biden ha cercato di sviluppare negli ultimi mesi – e sembra che Hamas ci sia riuscito – e sì, l’Iran probabilmente si sente più forte ora. È essenziale che la situazione non degeneri in un conflitto più ampio che coinvolga Libano, Stati Uniti, Iran e Russia. Ovviamente, se ci saranno altre ingenti perdite di vite umane a Gaza, se ci saranno attacchi di coloni contro i palestinesi dell’ovest, tutto ciò contribuirà a un’escalation. Vedremo se le superpotenze, insieme all’Egitto e alla Giordania, interverranno per mediare un cessate il fuoco, per evitare ulteriori morti e distruzioni a Gaza, per impedire che il conflitto degeneri in una guerra tra Israele e il Libano. Siamo sull’orlo di una situazione esplosiva che potrebbe degenerare. Anch’io conosco personalmente un uomo che è stato ucciso nell’attacco di Hamas; fortunatamente sua figlia e i suoi figli non sono stati presi in ostaggio e sono al sicuro. Data la portata del conflitto, quasi tutti conoscono qualcuno direttamente coinvolto, che è stato ucciso, ferito o che ha perso qualcuno.

Domande e risposte dal pubblico partecipante alla conversazione online

Possiamo parlare di contatti a Gaza, in Israele, in Cisgiordania, tra ebrei e palestinesi che indichino la strada da seguire?

Uri: Nulla passa attraverso Gaza. Ci sono rare eccezioni. So che una delle donne prese in ostaggio da Hamas era in contatto diretto con le donne di Gaza. Ci sono persone che hanno contatti transfrontalieri, stabiliti anni fa, ma non ci sono state vere occasioni di incontro. Ci sono ovviamente attivisti israeliani solidali nella Cisgiordania, come i Rabbini per i Diritti Umani, persone che in passato erano coinvolte in Anarchici contro il Muro, altre iniziative di solidarietà, soprattutto nella parte orientale della Cisgiordania, dove ci sono state molte incursioni dei coloni nei terreni agricoli e attacchi alle baraccopoli palestinesi. Ma si tratta di movimenti su piccola scala. Quello che 15 o 20 anni fa era un movimento di azioni dirette in Cisgiordania impressionante, coerente, quotidiano o almeno settimanale, ora non esiste più. Ora le azioni hanno più carattere di vigilanza, ma i coloni e l’esercito israeliano (IDF) sono inarrestabili nelle loro politiche di pulizia etnica in Cisgiordania.

L’unica alternativa è un movimento internazionale arabo-ebraico. Ma in questo momento c’è molta disperazione… c’è la sensazione che quasi nessuno voglia ascoltare l’altro. Eppure una cosa che vale la pena menzionare è il sostegno reciproco spontaneo che sta emergendo laddove il governo non è presente. Lo Stato non sta adempiendo la sua funzione in nessun modo. La risposta all’attacco di Hamas è stata un assoluto fiasco israeliano in termini di intelligence, l’esercito ha impiegato 8 ore per rispondere, la gente è stata completamente abbandonata, il tutto era un casino assoluto e la gente era spaventata. In seguito, nessuno sapeva cosa stesse accadendo, non c’erano disposizioni per l’evacuazione dei residenti, quindi è stata la popolazione stessa a dover affrontare Hamas nei suoi villaggi. In seguito ci sono stati sforzi di base per creare e organizzare un sostegno, asili e aiuti reciproci. È stata una situazione molto anarchica. Non dico che le persone siano anarchiche, ma i semi dell’aiuto reciproco stanno comparendo e questo può essere positivo. Penso che ci sia una totale perdita di legittimità del governo Netanyahu – poiché non si assume alcuna responsabilità e continua a mentire e a diffondere bugie e false notizie – il governo pagherà il prezzo delle sue azioni.

Che fine hanno fatto i disordini e le proteste contro Netanyahu che si erano susseguiti negli ultimi mesi?

Uri: Le proteste sono state sospese per ora, ma la rabbia è ancora presente. Le persone richiamate per il servizio di riserva militare [i riservisti] ci vanno, ma sono ancora molto arrabbiate con il governo e con Netanyahu. Non è che improvvisamente adottino una cooperazione ebraico-palestinese o si rendano conto che un attacco di terra sarebbe un disastro totale. È difficile definire l'”opinione pubblica” in questo momento, dipende dal punto di vista dei media che si seguono, ma sembra che ci sarà un massiccio contraccolpo contro l’estrema destra.

Gaza era già una prigione a cielo aperto. Cosa accade ora?

Uri: La situazione è tragica. Israele ha tagliato le forniture di carburante che fanno funzionare gli ospedali e gli impianti di desalinizzazione [per l’acqua potabile]. Manca il cibo, migliaia di persone sono state uccise e interi quartieri sono stati rasi al suolo. Gli estremisti di destra fantasticano che Gaza sarà rasa al suolo e che tutti i suoi abitanti saranno mandati in Egitto… speriamo che questo non accada. Speriamo ci sia un cessate il fuoco e uno scambio di ostaggi e non un’ulteriore escalation, ora che l’esercito israeliano continua a commettere crimini orribili in modi ancora più estremi.

Ci sono stati sfollamenti massicci, centinaia di migliaia di persone si sono già spostate verso il sud di Gaza, ma a quanto ne so ce ne sono ancora 100.000 solo a Gaza City, quindi c’è la possibilità di ulteriori perdite di vite umane e vittime civili. So che almeno alcune forniture alimentari vengono trasportate nella Striscia attraverso il confine egiziano.

Lei ha detto che l’estrema destra ne pagherà il prezzo. Che dire invece della forza politica di Hamas in questo momento? Quale sarà il futuro politico della Striscia di Gaza in caso di cessate il fuoco?

Uri: Bisogna ricordare che per molti anni la politica esplicita del governo israeliano è stata quella di sostenere Hamas a Gaza finanziandolo per mantenere la spaccatura tra Hamas e Fatah, impedendo così sia l’unità palestinese che la creazione di uno Stato palestinese. Netanyahu ha dichiarato nelle riunioni di governo che chiunque voglia impedire la formazione di uno Stato palestinese deve mantenere e rafforzare Hamas. Penso che l’idea che Hamas possa essere semplicemente eliminato, in modo da poter stabilire un altro regime a Gaza, sia insostenibile senza un accordo di pace globale, con la mediazione internazionale, o almeno un accordo a lungo termine. Ma non conosco nessuna superpotenza che abbia la capacità o l’interesse di imporlo in questo momento.

Non ho alcuna simpatia per Hamas, è un’organizzazione teocratica che non si fa scrupoli ad attaccare i civili, non merita alcun tipo di sostegno. L’incapacità di distinguere tra i civili e le bande armate che li governano, siano esse riconosciute o meno come Stato, è un problema fondamentale per l’opinione pubblica internazionale e per molti manifestanti di sinistra a livello internazionale.

Se ci possa essere una soluzione politica a lungo termine, questa va contro la volontà del governo israeliano. Non so cosa dire. Probabilmente Hamas continuerà a esistere a Gaza in qualche forma, che ci sia un cessate il fuoco oppure un’escalation. A meno che tutto questo non finisca nell’Armageddon.

C’è qualche forza in Israele che può garantire che la prospettiva di una pulizia etnica diminuisca?

Uri: È difficile dire qualcosa di specifico, perché non sono sul posto. Non credo che ci sarà l’ordine per l’esercito di entrare e radere al suolo la zona. Potrebbero inviare dei soldati, ma in modo limitato, il che sarebbe comunque un disastro. Due ex capi di stato maggiore del partito centrista sono entrati nel governo. Quindi, c’è una forza di contenimento, ma è difficile prevedere qualcosa in termini operativi.

Ci sono manifestazioni?

Uri: Al momento non ce ne sono molte. Ci sono le sirene che suonano per i razzi, c’è molto terrore e paura di ciò che potrebbe accadere, e il desiderio di porre fine a tutto questo.

L’opinione pubblica è molto più di destra rispetto al passato, ma c’è anche molta rabbia nella società ebraica. Come ho detto, c’è aiuto reciproco e un legame comune. L’attuale governo è di destra a molti livelli, si è dato alle privatizzazioni e ha imposto ovunque brutali misure neoliberiste, anche queste sono ragioni della reazione popolare che presto dovrà affrontare.

Ai palestinesi non è consentito attraversare l’Egitto. Questo cosa significa?

Uri: L’espulsione in Egitto è ciò che vorrebbe il governo israeliano. Se andassero in Egitto, o se la Giordania accettasse altri rifugiati, e Gaza venisse svuotata, sarebbe una pulizia etnica riuscita, perché l’espulsione non sarebbe temporanea. L’Egitto rifiuta di accettare i rifugiati perché ai palestinesi non verrebbe mai permesso di tornare a Gaza.

Esiste qualche forza politica in grado di rovesciare il regime di apartheid?

Uri: No, non c’è. Un governo di centro-sinistra sarebbe ancora sionista. Potrebbe forse muoversi in qualche direzione progressista, fare uno scambio di prigionieri, accettare negoziati, elezioni per l’Autorità Palestinese e forse anche una soluzione a due Stati o una confederazione – il tutto garantito a livello internazionale, ovviamente, attraverso la mediazione delle superpotenze. Non vedo come un governo possa non essere sionista. Ma al momento c’è una spaccatura tra i coloni e gli ultraortodossi da una parte e la popolazione laica centrista dall’altra. Le forze politiche centriste non hanno voglia di rimanere ostaggio dei coloni, di essere costantemente identificate con la volontà di questi ultimi di mantenere in vita gli insediamenti, e di mettere in piedi impegno, denaro e forze per loro.

È comunque difficile prevedere cosa accadrà, non prima delle elezioni americane, in ogni caso. Se tornerà Trump, sarà un disastro ancora più grande. Nel frattempo anche la guerra in Ucraina continua… Potremmo anche arrivare a una resa dei conti nucleare e tutti questi discorsi non avranno importanza. Se quest’anno non ci sarà una guerra nucleare, sarò soddisfatto.

 

CONVERSAZIONE ORIGINALE PUBBLICATA IN LINGUA GRECA SU INFOLIBRE:
https://www.infolibre.gr/2023/10/19/o-oyri-gkornton-milaei-sto-infolibre-eimaste-sto-cheilos-toy-gkremoy-paysi-toy-pyros-se-israil-palaistini/