50 ANNI DALLA RIVOLTA DEL POLITECNICO AD ATENE. Testo dell’occupazione di Evangelismos

Questo novembre è il 50mo anniversario della rivolta studentesca del Politecnico di Atene contro la dittatura fascista dei Colonnelli in Grecia, salita al potere con un colpo di Stato nel 1967, sostenuto dagli Stati Uniti. Il 14 novembre del 1973 gli studenti del Politecnico, molti di cui anarchici, entrarono in sciopero e occuparono la facoltà. L’occupazione seguiva di alcuni mesi (febbraio 1973) lo sciopero degli studenti di legge che avevano occupato la loro facoltà ed erano stati brutalmente sgomberati da polizia ed esercito. L’occupazione colse impreparato l’apparato repressivo del regime che non riuscì ad intervenire immediatamente anche grazie alla solidarietà che gli studenti ottennero; infatti, da subito, migliaia di lavoratori, studenti medi e universitari di altre facoltà accorsero al Politecnico occupato. Durante le giornate del 14, del 15 e del 16 continuarono a susseguirsi assemblee, iniziative, venne attivata una stazione radio che trasmetteva in tutta la zona di Atene, vennero barricati gli ingressi dell’università. Il governo impose la legge marziale e sospese la fornitura di energia elettrica a tutta la città (eccetto il Politecnico che era dotato di generatori di emergenza subito messi in funzione dagli studenti). Queste prime risposte non riuscirono a spegnere la protesta che anzi crebbe di intensità e partecipazione tanto da spingere il governo a far circondare dall’esercito l’intero quartiere di Atene, Exarchia, e il Politecnico in modo da fermare l’afflusso di gente. Alle 3 del mattino del 17 novembre un carro armato sfondò l’ingresso principale della facoltà facendo entrare i soldati nel cortile che trovarono gli studenti determinati a non cedere in alcun modo. All’interno dell’università la repressione fu brutale, arrivando fino a giustiziare con un colpo di pistola alla nuca uno studente, Michael Mirogiannis, di 19 anni. Contemporaneamente allo sgombero, trasmesso in diretta dalla radio del politecnico, gli studenti e gli operai attaccarono l’esercito nel resto della città, le barricate si moltiplicarono, in molti zone della città le forze repressive furono messe in seria difficoltà. La risposta del governo fu anche in questo caso estremamente brutale, furono 42 i morti durante lo sgombero e i successivi scontri (tra cui anche un bambino di 5 anni ucciso da un colpo di fucile di un soldato durante i rastrellamenti di un quartiere popolare di Atene) e centinaia i feriti.
La rivolta è generalmente considerata come l’atto che segnò l’inizio della fine del regime militare, destinato a cadere pochi mesi dopo, nel 1974. La rivolta pose anche fine al tentativo di “liberalizzazione” del regime militare. Il 17 novembre è attualmente festività per tutti gli istituti scolastici in Grecia e occasione di lotta per i movimenti anarchici. A seguire pubblichiamo un contributo da parte dell’occupazione di Evangelismos (Heraclion) che mette in relazione le lotte e gli aspetti della società greca di ieri e di oggi. Aspetti odierni che in maniera similare potremmo adattare alla situazione italiana.


50 anni dalla rivolta del Politecnico -Testo dell’occupazione di Evangelismos
https://evagelismos.squat.gr/?p=5202

Cosa è cambiato cinquant’anni dopo?

La repressione è intorno a noi.
Con il terrorismo della polizia e il reclutamento costante di migliaia di poliziotti: per coltivare la paura e reprimere qualsiasi lotta che tenda a diventare pericolosa (solo ad Atene, per le marce dell’anniversario della rivolta del Politecnico, saranno in strada oltre 5.000 poliziotti).
Ma anche con il premere il grilletto senza pensarci due volte, come è successo con il diciassettenne Christos Michalopoulos, nel terzo omicidio di una persona rom da parte di poliziotti in quasi due anni.
Con il criminalizzare gli scioperi e le lotte sul posto di lavoro, vietando le manifestazioni, calpestando e abolendo i “diritti” conquistati dopo decenni di lotte sanguinose.
Con i tribunali estenuanti e l’incarcerazione di militanti, ai quali lo Stato nega in modo vendicativo i permessi o persino la possibilità di essere rilasciati – anche se soddisfano tutte le condizioni formali – perché si rifiutano di rinunciare alle loro idee, mentre quando sono in compagnia di altri prigionieri e contribuiscono alla creazione di centri di lotta nelle carceri, fa in modo che vengano trasferiti in altre carceri senza alcun preavviso.
Con gli sgomberi degli squat, come Evangelismos qui a Heraklion, o Zizania, Ano-Kato Patision e i quattro sgomberi del Politecnico Autogestito di Atene, e l’attacco a ogni luogo in cui si formano comunità di lotta e l’autorità viene messa in discussione.

Anche l’esercito greco e qui (e non solo).
Mentre noi ci affanniamo a pensare a come arrivare a fine mese, la Grecia rimane saldamente in cima alla lista della NATO in termini di spese militari rispetto alle dimensioni della sua economia, potenziando le industrie belliche con miliardi.
Allo stesso tempo, non si limita a colpire il “nemico” interno, ma contribuisce anche alle guerre imperialiste che insanguinano i popoli, così che la borghesia greca possa ottenere una parte di profitti, assumendo parte della responsabilità per la morte e lo sfollamento di centinaia di migliaia di palestinesi.
Gli accordi di cooperazione in materia di difesa con Israele e il suo sostegno diplomatico, l’acquisto di attrezzature militari e gli investimenti reciproci nell’industria bellica, le esercitazioni congiunte, ma anche la ricerca con il coinvolgimento di istituzioni universitarie (come la proposta di partecipazione degli studenti dell’Università di Creta a un programma di stage della NATO), e naturalmente le decine di basi NATO sparse su tutto il territorio greco, che da anni operano come base per l’imperialismo occidentale nelle guerre in Medio Oriente, sono più che sufficienti a dimostrarlo.

E il fascismo?
Dopo la fine di gran parte delle lotte di massa dinamiche che si sono sviluppate dallo scoppio della crisi [dal 2009 in poi], dopo la loro integrazione [leggi rappresentazione istituzionale] da parte di Syriza, e la conseguente diffusione della convinzione che “tutto è vano”, il fascismo sta aspettando nell’angolo il suo turno per confondere e deviare, ancora una volta, gli oppressi dalle vere cause dei nostri problemi, e per metterli gli uni contro gli altri.
Oggi forse non esiste Alba Dorata come l’abbiamo conosciuta, ma i fascisti stanno recuperando nuovamente spazio. Sia nell’arena politica istituzionale, con l’ingresso del partito “Spartani” in Parlamento1 e l’elezione di Michalis Gavgiotakis a deputato di Heraklion, sia per strada, con alcuni gruppi nazionalisti “autonomi” che prendono di mira immigrati e antifascisti e scrivono slogan fascisti. Il fatto che nella nostra città abbiano paura di fare qualcosa che vada al di là di miseri atteggiamenti è dovuto ai riflessi e alla forza degli attivisti in lotta.

Cinquant’anni di lotte
Per quanto alcuni cerchino di distorcere l’essenza dell’occupazione e della rivolta del Politecnico, sia decontestualizzandola e “celebrando” l’anniversario volendo evitare qualsiasi collegamento con le ribellioni e le deviazioni dal legalitarismo nel tempo e nel luogo in cui viviamo, sia cercando di dimenticare o confutare la verità storica, le nostre lotte devono mantenere viva la fiamma della rivolta del Politecnico.
Il Politecnico è stato il risultato della rabbia accumulata nel corso degli anni, ma anche la scintilla per centinaia di combattenti nel seguire la strada della lotta. Un momento cruciale nelle lotte sociali e di classe di questo Paese, in cui ai movimenti studenteschi iniziali si sono aggiunti in seguito studenti e lavoratori, che insieme hanno lottato nonostante la paura, sacrificando anche la propria vita per la libertà.
Se desideriamo una società diversa, sta a noi cogliere il filo di queste lotte del passato, che attraversa una storia di secoli di resistenza. Lasciarsi ispirare dalle lotte che si sviluppano oggi contro lo sfruttamento e l’oppressione, in Palestina e in ogni altro angolo del mondo, sfidando nella pratica le ideologie della “fine della storia” e il pretesto dell’inutilità di lottare per i propri bisogni e le proprie idee. E lottare contro lo Stato e il potere, contro l’oblio, sulla base delle condizioni del nostro tempo e di chi l’abita.
Per i nostri morti. Per gli esuli e i prigionieri, i torturati e gli assassinati dei sette anni di dittatura. Per i morti del Politecnico. Per Iakovos Koumis, Stamatina Kanellopoulou e Michalis Kaltezas. Ma anche per tutti quelli che guardiamo negli occhi, camminando al loro fianco per le strade. Per tutti coloro che verranno dopo di noi.

IL SANGUE NON È ACQUA, LA MEMORIA NON È SPAZZATURA

NIENTE È FINITO, LE LOTTE CONTINUANO

Occupazione di Evangelismos, Heraklion, Creta, novembre 2023


1Il partito degli “Spartani”, fondato da Vasilis Stigkas, è un raggruppamento di estrema destra, erede della disciolta Alba Dorata, i cui dirigenti e militanti hanno dato il loro sostegno. Il risultato più inquietante è quello ottenuto dal partito a giugno 2023, quando ha raggiunto il 4,7% soprattutto grazie al sostegno di Ilias Kasidiaris, un ex membro di spicco di Alba Dorata. Kasidiaris, che sta scontando una pena detentiva di 13 anni e sei mesi, e che aveva chiesto di concentrare i voti neonazisti su Spartans.