Il 12 dicembre cade l’anniversario della strage di Piazza Fontana a Milano (1969). Una bomba alla banca dell’agricoltura causò 17 morti e 88 feriti. Fu commessa dai neofascisti, voluta e coperta dagli apparati statali, con la complicità – anche internazionale – di servizi segreti e vertici militari N.A.T.O. Lo stesso giorno scoppiarono altre tre bombe a Roma, mentre una seconda bomba venne ritrovata inesplosa a Milano in Piazza della Scala. In quegli anni di “guerra fredda” il “partito del golpe” – ampi strati di politica, giornalismo, economia ed esercito – credeva che una dittatura di stampo fascista/militare avrebbe meglio compresso la conflittualità sociale interna, allora decisamente maggiore di oggi.
Si doveva atterrire l’opinione pubblica, attribuendo le stragi commesse agli anarchici (Pinelli, Valpreda…) per dare avvio alla svolta autoritaria. Vediamo un filo nero che lega la “strategia della tensione” di ieri e quella di oggi. In una dinamica mondiale che vede nuovamente schierarsi le nazioni in blocchi contrapposti, lo Stato italiano é pienamente coinvolto nelle guerre che insanguinano il pianeta, con le armi fornite all’Ucraina e a Israele ma anche alle milizie delle Forze di Supporto Rapido, che massacrano in Sudan attraverso gli Emirati Arabi. Per questo teme che le continue politiche di tagli ai servizi e la continua dissipazione di fondi pubblici per finanziare la guerra, con la produzione/riconversione bellica e l’invio di armi, possa far da volano a proteste sociali, dato che la stragrande maggioranza delle persone é per ora contraria alle spese militari, così come all’ipotesi di reintrodurre la leva. Ecco perché, preventivamente, ricorre di nuovo alle provocazioni dei gruppuscoli fascisti e a norme ed assetti sempre più autoritari, designando i “nemici interni” da colpire (immigrati, giovani delle periferie, movimenti di protesta, sindacalismo conflittuale, reclusi che rivendicano diritti, di nuovo gli anarchici, etc…). Nuove leggi come il decreto sicurezza (ex ddl 1660) incidono pesantemente sulle libertà di protesta, con l’introduzione di nuovi reati e diverse aggravanti. E già il governo sta pensando di approvare un ulteriore decreto per dare mano libera alla repressione e totale impunità alle forze del loro ordine.
Ci sono poi proposte legislative del governo, che trovano sponde anche nel Pd (ddl Delrio), per equiparare di fatto antisionismo ed antisemitismo e così tacitare l’opposizione sociale al genocidio in corso nella striscia di Gaza e la critica all’operato dello Stato di Israele, alleato indispensabile per il blocco di cui l’Italia fa parte.
Anche alcuni progetti dei golpisti di un tempo (vedi loggia P2) stanno trovando applicazione nel solco della democrazia formale, pensiamo ad esempio al tema del presidenzialismo.
Teniamo alta la memoria di ciò che è accaduto, di come lo Stato italiano abbia sempre mantenuto la “pace” attraverso la guerra interna contro i suoi stessi abitanti (Piazza Fontana, Italicus, Stazione di Bologna, Piazza della Loggia).
Lo abbiamo sempre detto e lo ripetiamo: terrorista é lo Stato, terrorista è chi bombarda, esporta armi per i profitti di poche aziende, costruisce cittadelle della guerra come quella che Thales e Leonardo vorrebbero realizzare a Forlì, rinfocola i conflitti tra le nazioni, affama la sua stessa popolazione.
“Il grande errore in cui cadono quasi tutte le analisi riguardanti la guerra è di considerarla come un episodio di politica estera, mentre è prima di tutto un fatto di politica interna, e il più atroce di tutti”. (Simone Weil)
– Anarchici e anarchiche di Forlì
