Tra sabato 19 ottobre e domenica 20 ottobre 2024 il Bolognese, in Emilia-Romagna, è stato segnato da gravi alluvioni che hanno provocato un morto, 3500 sfollati e 15.000 case senza elettricità. È il quarto disastro (in)naturale in Regione in 18 mesi. Appena un mese prima era toccato alla Romagna di nuovo colpita quando, dopo le pesantissime alluvioni del maggio 2023, il 18 e 19 settembre 2024 diversi paesi situati tra appennino e bassa pianura si erano di nuovo allagati di acqua e fango dopo la tracimazione di fiumi e torrenti, anche qui con migliaia di persone evacuate e in un caso con un paese quasi cancellato dalla toponomastica (la frazione di Traversara, nel comune di Bagnacavallo, dopo la rotta dell’argine del fiume Lamone).
Di fronte all’evidenza incontestabile del fenomeno della modificazione climatica, frutto avvelenato dell’industrialismo e dell’economia capitalista, giova però osservare come questo tema sia preso a pretesto da chi amministra i territori per giustificare la propria manifesta incapacità nel far fronte a questo genere di eventi che ormai imprevisti non sono. Giova ricordare, infatti, che l’Emilia Romagna è tra le regioni più cementificate d’Italia, e che parte di questa edificazione selvaggia interessa spesso e volentieri zone notoriamente a rischio idrogeologico, col risultato dell’impermeabilizzazione di ampie zone abitate. Comuni, Regioni, governo, commissari all’emergenza, tecnici e politici, tutte queste istituzioni che spesso si rimpallano le responsabilità in occasione di eventi simili, non sono certo atte a risolvere il problema, anzi. Gettano solo fumo negli occhi quando si tratta di trovare una soluzione. Che non può essere che una: l’abbandono dell’ideologia sviluppista che crea profitto per i soliti noti, accompagnato dalla diretta presa in carico dei problemi sociali e ambientali da parte delle comunità senza intermediazioni istituzionali, iniziando dall’opposizione alle nocività industriali e alle colate di cemento che gli stessi responsabili cercano di imporci.
Di seguito pubblichiamo un contributo scritto dopo l’ennesima alluvione in Romagna, quella appunto dello scorso settembre. Scritto breve, brevissimo, ma che ha il merito di indicare, rispetto a “Dei” atmosferici giudicati imponderabili e inevitabili, colpevoli che non risiedono in cieli inafferrabili.
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