Una crisi economica senza precedenti ci aspetta. Ma non tutti la subiranno allo stesso modo.
La comparsa del Covid-19 e delle relative misure prese dalle istituzioni per frenare i contagi sono un acceleratore di dinamiche già presenti da tempo, come già si è detto.La logica capitalista, che divide il mondo in chi ha tutto e chi niente, non ne uscirà indebolita, come sperano alcuni suoi avversari. Le grosse multinazionali, l’industria bellica, la farmaceutica, le imprese della logistica e dell’e-commerce, del delivery-food, delle consegne a domicilio e della distribuzione alimentare, il settore dell’automazione e della digitalizzazione aziendale, cosi come le aziende che sviluppano le nuove tecnologie di controllo sociale, già ora ne escono immensamente rafforzate.
Osceni capitalisti come Jeff Bezos di Amazon, tanto per citare un esempio, hanno visto le loro entrate economiche aumentare a dismisura. Gli industriali hanno continuato a tenere aperte le loro fabbriche e allo stesso tempo a ricevere i sussidi statali. In Italia, come nel resto del mondo, durante il primo lockdown i più ricchi lo sono diventati ancor di più. Difficile credere che non accadrà lo stesso con lo sviluppo delle nuove misure di confinamento per la “seconda ondata”.
Ma la risposta a questa situazione non è “più Stato”, come vorrebbero gli stalinisti e gli amanti dell’autorità. Lo Stato non è altro che il gendarme dei ricchi e dei proprietari. E lo abbiamo ben visto, con i tagli alla sanità (ma anche all’edilizia popolare, per esempio) e con la spesa pubblica dirottata verso l’acquisto di armamenti militari, quanto poco a cuore stia ai politici tutti la salute e la vita delle persone.
Non è sostanzialmente cambiato nulla in più di otto mesi dal primo lockdown e conseguente confinamento domestico, non è stato fatto nulla – ma davvero nulla! – per prepararsi alla cosiddetta “seconda ondata”, si è solamente pensato a criminalizzare i comportamenti individuali dei singoli. Ma questo però non è un problema di chi sta al governo: non sarebbe cambiato proprio niente se al governo ci fosse stato qualcun altro. Non ci fregano!
La risposta sta semmai nella maggiore capacità di mobilitazione degli sfruttati. Dunque nella capacità di auto-organizzazione dal basso di quelle componenti sociali più esposte alla crisi economica, come i precari, i disoccupati, i lavoratori a nero o a grigio, gli inquilini morosi e sotto sfratto, i riders che portano il cibo a domicilio, i giovani delle periferie urbane, persone spesso di origini immigrate o di “seconda generazione”, che hanno perso o perderanno il lavoro, che non l’hanno mai avuto o che quando ne avevano uno effimero versavano in condizioni esistenziali ai margini della ricchezza reale, vivendo in topaie con affitti impossibili e vessati continuamente da datori senza scrupoli. Auto-organizzazione – senza mediazione! – di coloro che non hanno più nulla da perdere!
I riot che abbiamo visto in alcune grandi città italiane, scoppiati contro la gestione statale della “questione covid” – ben lungi dall’essere espressione di alcune frange ben individuabili come vorrebbero i media e i politici – ci mostrano che qualcosa sta cambiando. Se non ascoltiamo quelle sommosse spontanee – o comunque organizzate attraverso mezzi che non afferriamo totalmente – potremmo rammaricarcene in futuro.
I mass-media in questi giorni stanno dipingendo una situazione dove a protestare sono solo i commercianti, i soli che stanno avendo una qualche attenzione assieme ai fascisti. Ogni altra protesta viene fatta passare sotto silenzio. Non è un caso!
Dietro ai singoli bar, ristoranti, palestre, teatri che chiudono ci sono migliaia di lavoratrici e lavoratori che non avranno più i soldi con cui pagare l’affitto di casa e sostenersi, e che oggi sembrano scomparsi dalla narrazione ufficiale, che parla solo di ristoratori, albergatori e gestori di locali e palestre.
Non si parla mai di lavoro sommerso. Non si parla di chi non ha una casa o di chi ora sta finendo sulla strada. Si parla ancor meno dei detenuti, che anche in queste ultime settimane stanno protestando per l’aumento dei contagi all’interno delle carceri. Non si parla dei tanti giovani delle periferie delle città in cui viviamo, quel miscuglio di pelli di colore diverso, che non vede innanzi a sé alcun futuro a cui aggrapparsi, perché non esiste. Quelle periferie che nei giorni dei riot si sono riprese la ribalta con le rivolte contro la polizia e i saccheggi dei negozi alla moda. Perché nessuno è interessato a questa “canaglia”, tutti ne parlano male dalla sinistra radical-chic alle destre. L’attenzione mediatica se ne accorge solo quando fa notizia.
Quello che fa lo Stato ovviamente è cercare di mettere un tappo al buco da dove escono le proteste che si accendono. Non soltanto polizia e militari nelle strade: i “ristori” economici elargiti, concessi più che altro per rabbonire gli appartenenti alla classe media che perderanno i loro introiti, però sanno tanto di tappabuco, appunto, e niente più. Tra l’altro non fanno distinzioni tra chi effettivamente vive direttamente del proprio lavoro – magari le false partite iva – e gli indecenti sfruttatori del lavoro altrui. Al contrario chi lavorava in nero e si barcamenava in lavori malpagati anche prima del Covid, sfruttato probabilmente da qualcuno degli imprenditori che ora piangono miseria, difficilmente vedrà un quattrino versato sul conto corrente che non possiede.
La soluzione? Quella di sempre: mobilitarsi! Agitarsi!
Non lasciare alle destre fasciste e razziste le piazze e le strade.
Agitarsi fino a che gli affitti delle abitazioni non saranno bloccati! Fino a che le persone senza casa non ne avranno una, in un modo o nell’altro! Fino a che i soldi non saranno tolti dalle tasche dei ricchi, degli imprenditori, dei palazzinari, dei padroni e delle aziende belliche per rafforzare settori inderogabili come la medicina territoriale di base e l’edilizia popolare gratuita.
Smettere di pagare, innanzitutto! Non ci sono soldi? Non si paga! Ecco una base sulla quale convergere.
Imporre le proprie rivendicazioni come anarchiche e anarchici, con i contenuti, la lotta, l’azione.
Perché gli anarchici vogliono una vita dove a contare davvero sia il ben’essere delle persone, non il profitto o l’autorità.